20/04/2014
Il Sud
Dopo le prime due notti trascorse a Reykjavik, io, Memole e Banchetto ci mettiamo in marcia: destinazione il sud dell’Islanda, per poi proseguire costeggiando l’est dell’isola, toccarne la parte del nord e tornare nuovamente a Rekyavik, il tutto seguendo sempre la statale 1.
La prima tappa obbligata della giornata è la cascata di Seljandsfoss, meno imponente di altre che vedremo in seguito, ma a suo modo unica nel suo genere, in quanto è una delle poche cascate che è possibile “attraversare”, grazie a una rampa di scale di legno e un percorso un po’ accidentato in mezzo alle rocce. Ne approfitto per fare una fotografia quasi sotto la cascata, dall’interno, e per poco non mi faccio il bagno a causa di una folata di vento improvvisa. Tocca poi alla cascata di Skogafoss, che si può ammirare sia dal basso, guardando con il naso all’insù l’imponente massa d’acqua che si schianta fragorosamente al suolo, sia dalla cima della collina che le sta di lato. Entrambe le cascate mi colpiscono molto per via del contesto in cui sono collocate (natura incontaminata, il nulla che si estende a perdita d’occhio intorno a noi) ma di questa giornata due cose mi rimarranno impresse più delle altre: la prima è la spiaggia nera di Reynisfiara, vicino alla città di Vik, in cui ammiro l’Oceano che, infuriato, si schianta su degli scogli appuntiti che fuoriescono dal mare come se fossero delle lance puntate verso il cielo, il tutto mentre un vento gelido e freddo sferza il mio viso; e poi il susseguirsi di paesaggi e di climi diversissimi tra loro che contraddistingue il sud dell’Islanda: rocce nere che ricordano quelle di un paesaggio lunare, distese infinite di ghiaccio e neve, immense montagne rocciose che sembrano toccare il cielo chilometri e chilometri di rocce ricoperte da un muschio verdissimo, il tutto che si sussegue senza alcuna soluzione di continuità, dando al viaggiatore l’idea che si stia muovendo addirittura tra continenti diversi.
A sera, ci rechiamo nel cottage sperduto in mezzo ai fiordi (la località è Oraefi, e il cottage è il Litla-Hof) che Memole ha prenotato per noi, nei pressi del ghiacciaio di Vatnajokull. Il luogo è davvero incantato, immerso nel silenzio e nella pace più totali, e la proprietaria è un’anziana signora che viene colta da un insano terrore ogni volta che è costretta a parlare in inglese (terrore che si manifesta attraverso degli attacchi spastici durante i quali muove d’improvviso la testa verso destra, spaventando non poco me e Banchetto).
21/04/2014
Verso Est
Dopo aver dormito nel delizioso cottage Litla-Hof, e aver festeggiato una Pasqua a dir poco originale (se qualcuno, 3 anni fa, mi avesse detto che avrei aperto un uovo di pasqua nel bel mezzo delle montagne del sud dell’Islanda lo avrei preso per pazzo) io, Memole e Banchetto riprendiamo il nostro viaggio. La prima tappa è il parco di Skaftafell: qui facciamo un bel po’ di sano trekking, toccando prima la cascata di Hundafoss e poi quella di Svartifoss. Lungo il percorso incontriamo un gruppo di francesi che fa il nostro stesso percorso con tre figlioletti di non più di 4 anni: ecco, è così che andrebbero cresciuti i propri figli, a furia di trekking, camminate e viaggi in giro per l’Europa! Re-incontriamo anche una coppia di turisti francesi di origini italiane che avevamo già beccato durante il tour del Golden Circle, e con i quali Memole si intrattiene a parlare per diversi minuti; conoscendo il tipo e la sua loquacità, io e Banchetto la trasciniamo a forza lontano dai due turisti, prima che cominci a raccontare loro tutta la sua vita.
Lo spettacolo più bello della giornata è indubbiamente il Glacier Lagoon, un lago ghiacciato in scioglimento. Lo si può costeggiare ammirando le centinaia di gabbiani in volo, o cercando di scorgere i musi delle foche che fanno capolino tra i ghiacci che si staccano dall’immenso ghiacciaio Vatnajokull assumendo le forme più strane e disparate. Nella simpatica e accogliente struttura per turisti che si trova lì vicino faccio fuori due zuppe di pesce sotto gli occhi allibiti dei miei due compagni di viaggio, che invece si limitano ad ingerirne una a testa, e poi ripartiamo in direzione Seydisfiordur, dove alloggeremo la notte.
Il viaggio per arrivare a Seydisfiordur si rivela più duro del previsto: il buon Banchetto infatti chissà quali coordinate imposta sul navigatore, facendoci deviare dalla statale 1 e portandoci su delle strade sterrate e mal messe (più di una volta ho paura che la nostra simpatica Hyundai a noleggio ci abbandoni per via dei troppi scossoni che è costretta a subire): morale della favola, invece di giungere a Seydisfiordur ci ritroviamo in cima a una montagna sperduta nel nulla. L’unica presenza nel raggio di centinaia di chilometri è un capannone prefabbricato in cui una sorta di Dio nordico (il classico “islandese tipo”: grande, grosso, biondo e con la barba, sui trent’anni) che probabilmente trascorre lì la sua esistenza, lavorando la terra e ubriacandosi la sera davanti alla tv, ci salva indicandoci la strada per arrivare a destinazione. Quando lo ringraziamo, ci lascia con una bellissima battuta “almeno sbagliando strada avete visto la vera Islanda!”, e indica con il braccio le immense e deserte montagne che ci circondano.
Ripresa la strada corretta in direzione Seydisfiordur, dopo pochi chilometri la statale 1 si trasforma in un unico, lunghissimo rettilineo: la strada, dritta davanti a noi (e ovviamente deserta) sembra andare a schiantarsi in mezzo alle montagne, che ci circondano da tutti i lati, infinite, altissime; siamo in pratica accerchiati, senza vie d’uscite! Un po’ intimoriti andiamo avanti, ed ecco che la strada comincia a salire: si infila tra le rocce e, dopo una serie ti tornanti, arriviamo in cima alla montagna che si parava davanti a noi: lì ci fermiamo, ammirando il paesaggio dietro di noi (in pratica, la strada che abbiamo appena percorso): uno scenario magnifico, un’immensa vallata di roccia circondata da montagne altissime su tutti i lati, che all’inizio ci avevano fatto così paura, ma che ora ammiriamo in tutta la loro bellezza.
Ma non è finita qui: un’altra visione magnifica ce la regala l’arrivo a Seydisfiordur. Dopo aver deviato dalla statale 1 infatti, la strada sale verso l’alto in mezzo a una regione completamente innevata; poi, dopo alcuni chilometri, ricomincia a scendere, proprio mentre il sole è calato e la notte ci ha avvolto (a causa della deviazione di cui parlavo prima si sono fatte le 23): a quel punto la strada si apre e, incastonato in mezzo ai fiordi imbiancati che ci circondano, compare Seydisfiordur. Mentre la strada scende verso le luci notturne di questo luogo incantato, io e i miei due compagni restiamo a bocca aperta, senza riuscire a dire nulla: il contesto irreale, la notte e le montagne tutt’intorno, ci tolgono il fiato. Il nostro cottage si trova subito dopo il porto della città: affacciato sul mare, ci permette di gustare il bellissimo panorama offerto dalla piccola città, da un lato il mare, dall’altro le immense montagne dell’estremo oriente dell’Islanda.